Non c'è che dire, si sono proprio ficcati in un gran casino! Avere a che fare con tanta gente non è mai facile, ma di fronte a una folla stanca e affamata non si può certo stare sereni. E pensare che le premesse lasciavano presagire ben altro. Doveva essere una giornata trionfale quella, per Gesù ma anche per i suoi discepoli. Una grande folla li aveva seguiti, sospinta dall’entusiasmo per i segni che il Maestro compiva sugli infermi. Ma ora c’è un grosso problema da affrontare: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Non riuscire a dare una risposta, a trovare una soluzione adeguata, avrebbe significato rischiare di mandare all’aria in un colpo solo tutto ciò che di buono era stato fatto fino a quel momento. In fondo si sa, la gente ha poca memoria; si dimentica presto del bene ricevuto quando qualcosa non va secondo le proprie attese.
Gesù, però, non è affatto preoccupato dalla possibilità di perdere consensi. Egli, “alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui”. Il suo è una sguardo amorevole, pieno di compassione. Egli è capace di riconoscere anche i bisogni inespressi della gente, quella fame che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna.
Ma, a dirla tutta, non occorre certo essere il Figlio di Dio per accorgersi del fatto che la gente vive nel bisogno, che porta sempre in sé un desiderio, che la povertà è per l’umanità una condizione molto più connaturale della ricchezza. Di diverso c’è che noi ci siamo ormai abituati a girare la faccia e a far finta che i problemi non esistano o quantomeno non ci riguardino, a tirare avanti senza curarci di nessuno con l'idea di poterci “chiamare fuori” quando la situazione si fa troppo complicata, con la scusa di non avere mezzi sufficienti. Gesù invece non distoglie lo sguardo, ma sa stare davanti alle domande espresse ed inespresse del nostro cuore.
Ciò che poi fa la differenza è il modo in cui si decide di rispondere a quelle domande. Mentre noi saremmo disposti anche a pagare (finanche duecento denari) pur di toglierci dai guai, Gesù ci indica una strada diversa: non scappare dai problemi, ma trasformarli in opportunità.
In effetti, nella vita sembra che a moltiplicarsi siano sempre le difficoltà, mai le soluzioni. Possiamo anche riuscire a cavarcela una volta, a risolvere un bel problema, ma poi ce ne restano altri mille. I mezzi a nostra disposizione e le nostre capacità di problem solving si rivelano sempre limitate. Di fronte all’illusione di un’esistenza senza fastidi e difficoltà, occorre fare i conti con la “dura” realtà. È davvero possibile eliminare del tutto la fame? Possiamo pensare di risolvere tutti i problemi e dare una risposta a ogni domanda semplicemente con ciò che abbiamo a disposizione? Evidentemente no! E non soltanto perché talvolta le risorse non sono a nostra disposizione; esse si mostrano spesso insufficienti, scarseggiano a causa della nostra cattiva gestione.
Allora che si fa? Se ci affidiamo alla logica emergenziale di chi rincorre affannosamente i problemi e cerca di tappare i buchi, non andremo da nessuna parte. Quando finalmente, dopo tanta fatica, riusciremo a trovare la soluzione per un problema, già ne dovremo affrontare uno nuovo. Si tratta allora di cambiare completamente prospettiva e il segno della con-divisione dei pani (non della moltiplicazione) apre proprio una strada in tal senso. Il vero miracolo compiuto da Gesù, infatti, non è sfamare cinquemila persone, ma insegnare ai suoi discepoli a condividere partendo dal poco che c’è, anche quando sembrerebbe del tutto insufficiente, ben poca cosa.
Più volte Gesù si era rifiutato di moltiplicare i prodigi e addirittura si era accorto di non poter operare a causa dell’incredulità di alcuni. Si troverà anche a dire “questa generazione malvagia e adultera” non avrà il alcun segno, “se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12,39). Il segno dei segni, il vero prodigio, è quindi il dono di quanto si ha e, ancor più, di ciò che si è.
Quando non si trattiene più egoisticamente, non si cerca per sé, ma si impara a condividere con generosità e senza condizioni allora il risultato è un'abbondanza impensabile e sorprendente, che lascia avanzi preziosi, pezzi da non disperdere.
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Hai risolto un bel problema e va bene così
Ma poi me ne restano mille
MILLE - FEDEZ, ACHILLE LAURO, ORIETTA BERTI
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+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6,1-15
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.
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