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L'Infinito tra i miei desideri - Maria Santissima Madre di Dio (ANNO B)

Prendere o lasciare. Pare non ci siano alternative a questo ultimatum che accompagna la nostra vita e non riguarda soltanto le occasioni da cogliere al volo, ma anche le tante esperienze che in un modo o nell’altro ci segnano. Perfino tra queste ci sarebbe qualcosa da tenere e altro che invece andrebbe cancellato e dimenticato il più in fretta possibile.

Il passaggio verso un nuovo anno è spesso occasione propizia per sintesi e bilanci. Stavolta sembra ci sia ben poco da riflettere: secondo un’opinione piuttosto diffusa c’è davvero poco da salvare di questo 2020, meglio buttar via tutto! In effetti, proprio il capodanno è accompagnato nella tradizione popolare da numerosi riti propiziatori che esprimono la pretesa di liberarsi da ciò che è vecchio. Tra questi è nota l’abitudine, alquanto pericolosa, del lancio dalle finestre dei cocci vecchi. Piatti, bicchieri e stoviglie varie vengono gettati in strada proprio allo scoccare della mezzanotte, per simboleggiare un profondo desiderio di cambiamento, di rottura rispetto al passato, per dire addio a ciò che è stato e ormai appare soltanto un fastidioso ingombro, e lasciare spazio invece a ciò che verrà, augurandosi possa essere migliore di ciò che ci lasciamo dietro le spalle. Un vero e proprio bisogno di discontinuità rispetto a un passato di cui spesso risulta più facile avvertire il peso piuttosto che riconoscerne il valore; un’eredità di cui è più facile lamentarsi piuttosto che essere riconoscenti. Una tentazione da cui nessuno è esente, ma che dobbiamo imparare a fuggire.

Maria ci insegna uno stile diametralmente opposto. Pur ritrovandosi al centro di una vicenda estremamente complessa, che non le risparmia sorprese, fatiche, imprevisti, disagi e incomprensioni, ella riesce a non scartare nulla e a ritenere ogni cosa. Il vangelo di Luca riassume questa sua attitudine in modo estremamente efficace: «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Non di tutte comprende il senso, anzi forse ben poco le è davvero chiaro, eppure quella giovane donna, diventata madre in un modo così sorprendente, è capace di porsi di fronte agli avvenimenti di una storia, che le appartiene ma al tempo stesso la supera, con un atteggiamento di stupore e di fiducia, di accoglienza e di contemplazione. Il suo cuore resta aperto per abbracciare una verità che non è lei a produrre, ma che è chiamata a riconoscere.

Come Maria, proviamo a lasciare che l’Infinito abiti tra i desideri del nostro cuore, per imparare a ricomporre i frammenti in unità, solo così ci potrà essere svelato il senso di ogni cosa che c’è. Ella che diventa feconda proprio perché capace di accogliere il mistero, ci insegni a non scartare nulla della nostra vita, anche quando ci confonde.

Siamo chiamati ad apprendere l’arte di serbare gelosamente ogni cosa nel cuore, non lasciando fuori nulla, nella certezza che in ogni istante, in ogni esperienza, si compie il mistero della nostra salvezza. Ma non basta accatastare, occorre avere la pazienza e la perseveranza di Maria per meditare queste cose, tutte e ciascuna, e metterle in ordine. Probabilmente non sarà sufficiente farlo una volta soltanto, occorrerà ritornarci più volte, senza stancarsi, senza dare nulla per scontato. Nella consapevolezza che ogni esperienza della nostra vita trova il giusto valore e svela il suo autentico significato solo se è collocata nella posizione corretta e nel giusto rapporto con le altre.

                                                                                                                                        Umberto Guerriero


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Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.

I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

 

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Il senso di ogni cosa -Fabrizio Moro

https://www.youtube.com/watch?v=O8N44Jh27R4


Posso fare a meno dei milioni
tanto portano solo problemi
ma non posso fare a meno del vino
non amando troppo gli schemi

Posso fare a meno di un motore
è troppo bello camminare
posso fare a meno di sapere

perché spesso preferisco immaginare

Ma che dire, che fare, quando io

io non posso fare a meno di te
che sei l'infinito

tra i miei desideri, la la
tu che sei il sogno più grande

tra i sogni più veri
e questa canzone
che gira e rigira la dedico a te
il mio unico amore
il senso di ogni cosa che c'è

Posso fare a meno del silenzio
preferisco comunicare
posso fare a meno di un partito
tanto il pane me lo devo guadagnare

Ma che dire, che fare, quando io

io non posso fare a meno di te
che sei l'infinito tra i miei desideri

la la
tu che sei il sogno più grande

tra i sogni più veri
e questa canzone
che gira e rigira la dedico a te
il mio unico amore
il senso di ogni cosa

Per te che sei l'infinito

tra i miei desideri, la la
tu che sei il sogno più grande

tra i sogni più veri
e questa canzone
che gira e rigira la dedico a te
il mio unico amore
il senso di ogni cosa che c'è

 



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