Sono solo parole, le nostre… spesso vuote, retoriche, di circostanza, Parole ripetute fino allo sfinimento o pronunciate senza troppa convinzione, in cui forse neanche crediamo fino in fondo. Parole che servono a interrompere silenzi imbarazzanti e tentano di colmare il vuoto che spesso avvertiamo più dentro che fuori di noi.
Le nostre parole sono questo. Non così però le parole di Dio. Le sue sono parole che hanno peso e sostanza, sono creative e generative, perché non soltanto dicono ma fanno. Il Natale viene anche quest’anno a ricordarci che la Parola si è fatta carne per venire ad abitare la nostra storia. Se, infatti, “l’amore per farsi ha bisogno di pelle”, non può restare soltanto una bella teoria.
Per noi che continuamente vorremmo affrancarci da questa carne che non smette di rammentarci il nostro limite e la nostra finitudine, che seppur redenta resta segnata in maniera indelebile dalle cicatrici, richiamo perenne alle ferite che ci sono state inferte; a noi che cerchiamo inutilmente di preservarla dal contagio dei mali di questa storia, il Natale viene a parlarci di una salvezza che si compie proprio attraverso di essa. La stessa carne di Cristo è una carne fragile, anch’essa porta, sin dalla nascita, i segni della fatica, delle delusioni, del rifiuto, dell’incomprensione, dell’emarginazione. Eppure proprio chi vive la comunione in Lui attraverso la sua carne sperimenta la salvezza.
Ad un’umanità che sogna di essere come Dio, per elevarsi verso il cielo e sfuggire alle miserie di questo mondo, il Natale rivela che il sogno più grande di Dio è proprio l’uomo. La pienezza dell’umano si rivela a noi in Cristo non come eccezione, ma come possibilità autentica, proprio perché si fa carne e sangue. Ecco il sogno che accompagna Dio fin dalla creazione, e che nell’incarnazione del Figlio si compie in maniera sorprendente. “La vita che volevo è tutta qui”! Egli continua ad uscire “fuori di sé” per cercarci. E per arrivare a vederci, per arrivare a toccarci, ha dovuto sognarci.
------------------
Lc 2,1-14 [Messa della notte]
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
-----------
https://www.youtube.com/watch?v=5VY37vWEnEU
Commenti
Posta un commento