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Dove il cuore riposa e i piedi camminano - II DOMENICA DEL TERMPO ORDINARIO (ANNO B)

Sarà che in questa vita «siamo di passaggio, come nuvole nell’aria», ma pensare di poter trascorrere un’esistenza intera senza mettere radici sembra davvero un’assurdità. Di certo, ciascuno potrebbe narrare un’infinità di esperienze disastrose e tentativi andati a male, eppure nel cuore di ogni donna e di ogni uomo resta sempre vivo il desiderio di trovare il proprio posto nel mondo, un posto dove sentirsi a casa. In effetti, il modo proprio, specifico, in cui l’essere umano vive nel mondo è quello dell’abitare, come ebbe a dire il filosofo tedesco Martin Heidegger.

L’abitare non è semplicemente uno fra i tanti comportamenti che assumiamo, ma è un’esperienza irrinunciabile, capace di rendere più umana la nostra vita. Eppure è come se ultimamente avessimo disimparato a farlo, senza nemmeno essercene accorti. Avere un alloggio, un luogo dove riporre in maniera più o meno ordinata le proprie cose «e chiudere la porta per lasciare il mondo fuori dalla stanza», infatti,  non significa automaticamente saper abitare. Quante volte ci siamo sentiti ospiti in casa nostra? In quante situazioni ci è capitato di non vedere l’ora di scappare via? In un tempo in cui tutto è provvisorio e sembra dominare la logica dell’usa e getta, quando non solo i prodotti che acquistiamo al supermercato ma le stesse nostre esperienze e relazioni sembrano riportare una data di scadenza, trovare stabilità appare quasi un’utopia. Eppure il nostro cuore desidera altro, è fatto per altro.

«Che cosa cercate?». Siamo forse in cerca di un rifugio sicuro in cui porci al riparo, in attesa che passi la l’ennesima tempesta che si è abbattuta sulla nostra vita? Cerchiamo qualcuno che semplicemente riesca a soddisfare i nostri bisogni e poi sparisca come il genio della lampada? Inseguiamo spazi da occupare, ruoli da ricoprire o territori da conquistare e poi difendere coi denti contro tutto e tutti?

Per i discepoli di Giovanni c’è molto di più. C’è il desiderio profondo di appartenere, di smettere di sentirsi spaesati, disorientati, e trovare finalmente un orizzonte che riveli in pienezza il senso di tutta una vita. «Rabbì, dove dimori?». Dove poggi il tuo cuore, dove trovi stabilità?

Non si tratta di una ricetta da imparare o un trucco da applicare al momento più opportuno. A chi è convinto che «basti un tutorial per costruire un'astronave», Gesù mostra un’altra via: «Venite e vedrete». Non ci viene consegnato un indirizzo a cui recarci quando più ci aggrada, ma l’invito ad entrare in una relazione intima, un’esperienza che non può essere vissuta ad intermittenza. Bisogna mettersi in cammino e seguirlo. Occorre comprendere che giungiamo all’abitare solo attraverso il costruire.

«… e  quel giorno rimasero con lui». Rimanere in Cristo, prendere dimora presso di Lui, vuol dire abbandonare ogni pretesa di staticità e immobilismo. Sentirsi davvero radicati in Gesù non significa semplicemente ancorarsi a Lui, in una sorta di rivisitazione dell’ideale dell’ostrica di Giovanni Verga. Si tratta invece di imparare a trarre nutrimento, come fanno i tralci dalla vite. Mettere radici non nelle tante esperienze che ci risucchiano energie ma in quell’unica che ci alimenta e ci sostiene.

È Gesù che ci insegna cosa significhi davvero abitare, è in Lui che il cuore riposa ma i piedi continuano a camminare. In fondo, «se non sei tu la casa io non so più abitare».

  Umberto Guerriero

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Gv 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 

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CASA - Giordana Angi

https://www.youtube.com/watch?v=J3oIQyaegXY

Casa viaggio, casa libertà
Casa involucro di tutte le mie età
E scanso i traumi e le malinconie
Ti chiedo scusa se racconto le mie.
Casa inverno, casa senza senso
Casa di silenzi vuota tutto il tempo. Casa stanca che ora vuoi lasciare
Casa che io volevo costruire
Con te, con te, con te che mi aiuti ad accettare quel che volevo scordare, che mi sai dimostrare ogni giorno che passa che
non c’è niente da temere ma così tanto da tenere

E se non è con te
E se non era un posto raggiungibile
Allora io mi fermo e smetto di cercare.
Se non sei tu la casa io non so più abitare
E se non c’è non c’è quel posto che credevo di conoscere, allora io mi fermo e smetto di cercare
C’è troppo spazio adesso
per me che voglio stare con te

Casa intima, casa piccola
Casa stazione di gente che viene e che va. Casa all’angolo di via della speranza che durasse per sempre quella vicinanza
Con te, con te, con te che mi aiuti ad accettare quel che volevo scordare e mi sai dimostrare ogni giorno che passa che non c’è niente da temere ma così tanto da tenere

E se non è con te
E se non era un posto raggiungibile
Allora io mi fermo e
smetto di cercare. Se non sei tu la casa io non so più abitare
E se non c’è, non c’è quel posto che credevo di conoscere, allora io mi fermo e smetto di cercare
C’è troppo spazio adesso
Per me che voglio stare con te

Casa ieri. Casa nei ricordi
Casa quando abbiamo fatto tardi
E lo capisco mentre te ne vai
Casa è il posto dove tu mi penserai

 



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