Quante delle nostre giornate sono un susseguirsi di scontri piuttosto che di incontri. Si passa da una battaglia all'altra, non conta se ne usciamo vincitori o sconfitti, quello che più importa è che tutto questo sembra inevitabile.
Ci siamo convinti che non dipenda da noi, che gli altri non ci lascino scelta. Come potremmo non opporci a chi non perde occasione per ferirci, per ostacolare i nostri progetti, per offendere la nostra dignità? Com'è possibile sopportare l'arroganza di chi vorrebbe toglierci ciò che ci spetta di diritto?
Sembra ci sia sempre un buon motivo per scendere in guerra e, soprattutto, pare non sia mai veramente colpa nostra. Semplicemente ci limitiamo a reagire, a rispondere agli attacchi altrui.
In realtà, non è così. Cercare mille giustificazioni non serve a nascondere la verità: noi abbiamo sempre la possibilità di scegliere. Possiamo decidere di deporre le armi, di abbandonare il campo di battaglia, di trasformare il nemico in fratello. Poco importa se sia stato lui ad indossare i panni dell'avversario o siamo stati noi a renderlo tale.
E se anche fosse faticoso amare e non odiare, possiamo sempre pregare "per" chi ci perseguita, e non "contro" di lui: è questa l'unica arma da impugnare.
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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,43-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
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