Che sia per cercare fortuna in un paese lontano o per seguire l'illusione di una libertà senza legami e responsabilità, che sia invece a causa dell'orgoglio o per rivendicare diritti che sembrano essere negati, tutti si ritrovano fuori dalla casa del padre.
Non conta quanto tu sia distante, se ormai ti ritrovi a migliaia di chilometri oppure sei soltanto a pochi passi dalla porta di ingresso: la strada del ritorno è sempre lunga e faticosa, piena di dubbi e di incertezze. Forse è troppo tardi, forse nulla sarà più come prima.
Nella vita non si può riavvolgere il nastro e far finta che nulla sia successo. Eppure, quando c'è qualcuno che aspetta il tuo ritorno puoi scoprire che le cose, pur non potendo essere uguali, possono essere migliori di prima.
Ciò che rende possibile rientrare a casa non è prima di tutto la nostra conversione, che resta sempre faticosa, non è mai data una volta per tutte e spesso è mossa dallo stato di necessità in cui finiamo per trovarci.
Ciò che fa la differenza è l'ostinazione di un Padre che sa sperare contro ogni speranza, che non ha mai davvero chiuso la porta ed è rimasto a scrutare l'orizzonte, in attesa di un figlio che sembrava perduto. Tornare indietro è sempre possibile perché c'è Qualcuno che continuerà sempre ad aspettarci.
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Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-3.11-32
In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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