Ci aveva provato in ogni modo, le aveva tentate davvero tutte, ma non c’era stato verso. A più riprese Gesù aveva rivolto ai suoi discepoli l’annuncio della passione ma, come si suol dire, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Hanno fatto finta di niente, hanno cercato di dissimulare e di cambiare argomento (Mc 10,35-37), senza alcun pudore, senza timore di sembrare inopportuni; c’è stato addirittura chi, come Pietro, si è preso la briga di rimproverarlo (Mc 8,32).
Ma come dargli torto? Nessuno ha voglia di ascoltare storie tristi; nessuno vuol sentir parlare di ingiustizie e abusi, dolori e guai, tradimenti e violenze, men che mai della morte. Siamo stanchi dei “profeti di sventura”, anche quando parlano di se stessi, perfino se quella sofferenza è il preludio ad una gioia più grande. Meglio cambiare musica! Ci vorrebbe qualcosa di leggero, anzi leggerissimo, per esorcizzare la paura e “non cadere dentro al buco nero che sta ad un passo da noi”.
Eppure Gesù non sembra per niente uno incapace di “godersi la festa”. Amava la compagnia ed era solito intrattenersi a tavola con i personaggi più svariati, suscitando proprio per questo motivo diverse perplessità e numerose critiche. Non era musone, né rosicone, tantomeno lamentoso; era invece capace di gioire, anzi addirittura esultare, di fronte alle cose belle della vita.
Ma era anche profondamente consapevole della strada che stava seguendo e di dove lo avrebbe condotto. La sua “coscienza messianica” è ormai cresciuta e gli appare più chiaro quale sarebbe stato l’epilogo di una vita come la sua, vissuta “per gli altri” e non “per se stesso”. La liturgia di questa domenica ci aiuta a fare chiarezza su proprio questo, grazie al lungo cammino che ci fa percorrere: dall’ingresso trionfale a Gerusalemme, fino alla tomba sigillata da quella grossa pietra.
La folla festante… le grida… le acclamazioni… Gesù sa bene che non dureranno, ma non arretra neanche di un passo e assapora ogni istante fino in fondo. Rifiuta di essere anestetizzato, anche nel momento della sofferenza più estrema. Lui è uno che sa vivere il presente con tutto se stesso, attimo dopo attimo.
La Settimana Santa che si apre innanzi a noi ci aiuti anche in questo: ad essere capaci di saper vivere ogni istante in pienezza, senza essere schiavi di rimpianti, recriminazioni e sensi di colpa che vengono dal passato… senza lasciarci imprigionare dalle ansie e dalle paure per il futuro…
All’inizio del lungo racconto della passione, ci viene consegnata l’immagine della donna protagonista dell’unzione di Betania. “Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul capo” di Gesù. Non trattiene nulla per sé. Un gesto che appare uno spreco insensato, ma che racconta il suo modo, l’unico possibile, per vivere l’amore vero.
Che questa Pasqua ci insegni ad essere uomini e donne del presente… di quel presente in cui Dio sceglie di abitare pienamente, “sprecando” tutto se stesso senza remore, per assaporare ogni attimo della sua infinita storia d’amore con l’umanità. E non importa se quella strada lo porterà fino alla croce. Il dono totale della sua vita, quel suo consumarsi per amore, trasformerà proprio quel legno secco in albero di vita.
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Dal
Vangelo secondo Marco
Mc 11,1-10
Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte
degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel
villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro
legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se
qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno,
ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono
e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo
slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?».
Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono
il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti
stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate
nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto
colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto
il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna
nel più alto dei cieli!».
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Musica Legerissima
Colapesce—Dimartino
Se fosse un'orchestra a parlare per noi
Sarebbe più facile cantarsi un addio
Diventare adulti sarebbe un crescendo
Di violini e guai
I tamburi annunciano un temporale
Il maestro è andato via
Metti un po' di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre, ma non troppo
Metti un po' di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Più o meno
Se bastasse un concerto per far nascere un fiore
Tra i palazzi distrutti dalle bombe nemiche
Nel nome di un Dio
Che non esce fuori col temporale
Il maestro è andato via
Metti un po' di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre, ma non troppo
Metti un po' di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Rimane in sottofondo
Dentro ai supermercati
La cantano i soldati
I figli alcolizzati
I preti progressisti
La senti nei quartieri assolati
Che rimbomba leggera
Si annida nei pensieri, in palestra
Tiene in piedi una festa anche di merda
Ripensi alla tua vita
Alle cose che hai lasciato
Cadere nello spazio
Della tua indifferenza animale
Metti un po' di musica leggera
Metti un po' di musica leggera
Metti un po' di musica, metti un po' di musica
Metti un po' di musica leggera
Metti un po' di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre, ma non troppo
Metti un po' di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi
Più o meno
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