Buoni e cattivi, belli e brutti, ricchi e poveri, vincenti e sfigati, amici e nemici… ci sentiamo già costantemente etichettati (dagli altri e, talvolta, perfino da noi stessi), che se poi ci si mette anche Dio a dividerci in categorie contrapposte davvero non c’è speranza per nessuno. C’è chi è beato e chi invece non lo è. Importa davvero che il Maestro rovesci le gerarchie abituali e prediliga poveri, afflitti e affamati? In fondo, possiamo non essere milionari, eppure possediamo certamente molto più di tanti altri; abbiamo sofferto, ma c’è chi ha versato più lacrime di noi; ci mancano dalle cose che potrebbero rendere più confortevole la nostra vita, tuttavia c’è anche chi manca finanche del necessario. Alla fine rischiamo di giocare sempre nella squadra sbagliata, di non essere mai “abbastanza”.
Ma Gesù fa tutt’altro che appiccicarci l’ennesima etichetta addosso. Egli piuttosto toglie quel velo che spesso ci impedisce di vedere la vita per quello che è, ci invita a deciderci, a prendere posizione. La beatitudine non è per chi ha “la botte piena e la moglie ubriaca”, per chi vuole tutto e subito, per chi scansa i problemi, se ne frega di tutto e cerca solo di affermare se stesso. La gioia vera è riservata a chi custodisce vivo nel cuore un desiderio, per chi sa di non bastare a se stesso, per chi è ancora capace di amare davvero, di mettere il bene dell’altro prima del proprio ed è pronto anche a pagarne il prezzo.
Se vuoi essere davvero beato, scegli da che parte stare, a cosa dare valore, su quali pilastri fondare la tua esistenza: la felicità è a portata di tutti! Secondo il Vangelo di Luca, Gesù ne parla in pianura, al cospetto di una folla di persone venute da ogni dove. Resta esigente la felicità, eppure Egli ci mostra che è anche possibile, e lo è sempre perché scopriamo che non dipende da noi.
Se dovessimo conquistarla con le nostre forze, la metà di noi dovrebbe rinunciare in partenza, partirebbe già sconfitto. L’altra metà, invece, finirebbe prima o poi per capire che i suoi sforzi sono stati vani, nonostante le premesse fossero buone, perché anche ciò che si ottiene finirebbe per non bastare o per sfuggire di mano. Invece, grazie a Gesù ci accorgiamo che la felicità è un dono che siamo chiamati ad accogliere.
Tutto risolto, dunque? Nient’affatto! È proprio a questo punto che arriva la parte più dura. Perché è proprio difficile (per me, per te, per chiunque) rinunciare alla pretesa di afferrare la felicità, di appropriarsene e possederla una volta per tutte. È una sfida davvero ardua quella di trovare la beatitudine nella cura che l’altro ha per me e vincere quella tentazione che si insinua come un tarlo nella mente, e mi fa pensare che anche se i miei genitori mi hanno sostenuto sempre, potrebbero essere delusi da me; che anche se quell’amico si è mostrato finora sincero e disponibile, potrebbe sempre tradirmi e fregarmi; che anche se il mio capo ieri mi ha attestato la sua stima, oggi potrebbe preferire un altro a me e mettermi da parte; che anche se la persona che amo mi ha scelto, potrebbe cambiare idea… che anche se Dio è mio padre e mi offre la possibilità di essere felice scoprendomi figlio, potrebbe ripensarci e decidere di togliermi quanto mi ha donato.
Nessuno ci può risparmiare questa fatica, nessuno si può esimere da questa lotta. Ma Gesù non si tira indietro, continua ad insegnarci l'arte di essere beati, ad indicarci la strada e, anzi, la percorre avanti a noi. Ora sta a me, a te, a ciascuno… è tempo di scegliere tra la paura e la fiducia, tra una felicità effimera e la gioia vera.
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Tu insegnami come si fa
ad imparare la felicità
INVERNO DEI FIORI - Michele Bravi
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+ Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,17.20-26
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
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