Nessuno può ritenersi esente da rischi... anche l'animo più sincero deve far i conti con la minaccia di innumerevoli pregiudizi che entrano in azione in maniera quasi automatica e, talvolta, inconsapevole. Non di rado, allora, capita di lasciarsi andare in giudizi temerari, emettendo frettoloso sentenze su ciò che in realtà ancora non si conosce.
Ma Natanaèle, pur non essendo privo di preconcetti fuorvianti, non conosce falsità e per questo non rimane trincerato dietro le proprie convinzioni superficiali e accetta di verificarle, mettendole alla prova dei fatti. È così, egli scopre con evidente sorpresa, che perfino da Nazaret può venire qualcosa (o meglio qualcuno) di buono.
Quello che si troverà davanti è un uomo capace di rompere tutti gli schemi, di uscire fuori da ogni stereotipo, eppure allo stesso tempo profondamente umano, tutt'altro che disincarnato.
Mi piace immaginare un Gesù "orgogliosamente Nazareno": fiero di far sentire quell’accento che rivelava inequivocabilmente la sua provenienza, il luogo dove aveva trascorso tutta la sua vita; geloso custode dei ricordi legati ad una quotidianità semplice e autentica, fatta di profumi e sorrisi, voci che si rincorrono e gesti ordinari.
Un uomo vero, profondamente radicato nella realtà in cui è cresciuto, senza però restarci impantanato, capace di spiccare il volo proprio perché consapevole che quella stessa realtà da cui alcuni (forse tanti) pensavano non potesse mai venire nulla di buono, si era fatta invece trasparenza del mistero dell’amore di Dio.
È lì che Gesù ha conosciuto la misericordia del Padre; è lì che hai imparato i gesti dell'accoglienza, della tenerezza, della compassione. Proprio la vita semplice e, forse, nascosta di Nazaret, ci aiuta a comprendere che il mistero dell’incarnazione non si esaurisce in un evento puntuale (il Natale), ma diventa principio caratterizzante l’intera storia della salvezza. Ci ricorda, poi, che il Dio di Gesù Cristo sceglie di rivelarsi lì dove meno te lo aspetti, tra le pieghe di un'ordinarietà che, guardata con uno sguardo di fede, purificato dai pregiudizi, rivela sempre i segni inconfondibili della presenza di Dio.
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Questo posto non deve morire
La mia gente non deve partire
Il mio accento si deve sentire
NU JORNO BUONO - ROCCO HUNT
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+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 1,43-51
In quel tempo, Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: «Seguimi!». Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.
Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi».
Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
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